Certificazioni nella moda sostenibile: come orientarsi tra loghi e standard

Durante il modulo curato da rén collective per il progetto MooDa, abbiamo analizzato uno degli ambiti più oscuri della moda sostenibile: le certificazioni, rappresentate mediante una pluralità di loghi che spesso troviamo sulle magliette in cotone bio, sui capi con tessuti riciclati o sulle schede prodotto dei brand più virtuosi. Ma… sappiamo davvero cosa significano?

rén collective è un’associazione di promozione sociale che si occupa di cultura della moda sostenibile, con l’obiettivo di fornire strumenti di comprensione, formazione e confronto su tematiche ambientali e sociali legate al settore moda. Con un approccio indipendente, accessibile e critico, accompagna imprese, designer e consum-attori verso scelte più consapevoli.

In questo incontro abbiamo evidenziato come, dietro ogni logo, ci sia un mondo fatto di standard, organismi di controllo, audit, vantaggi, ma anche qualche ombra. Il risultato? Ora non guardiamo più un “bollino” senza chiederci: “Che cosa certifica davvero?”

Cosa sono e a cosa servono le certificazioni

I marchi di certificazione sono strumenti giuridici concepiti per attestare che un prodotto, un processo o un’intera organizzazione rispetti determinati criteri di sostenibilità ambientale, sociale o di qualità. In parole povere: sono marchi che garantiscono che un’azienda non stia semplicemente “millantando sostenibilità”, ma che segua regole precise, verificate da enti terzi e indipendenti.

Quante sono? Secondo l’Ecolabel Index, oltre 100 riguardano direttamente o indirettamente la moda.

Perché scegliere di certificarsi? I vantaggi

Durante il corso, abbiamo analizzato i principali vantaggi per un brand o un laboratorio artigianale che sceglie di certificarsi:

  • Credibilità: Le certificazioni sono un’arma contro il greenwashing e offrono garanzie a clienti, investitori, fornitori.
  • Trasparenza: aiutano a comunicare in modo più chiaro e tracciabile cosa c’è dietro un prodotto.
  • Accesso a determinati mercati: alcune piattaforme o buyer richiedono specifiche certificazioni per poter lavorare con un brand.
  • Miglioramento interno: il processo di certificazione aiuta a mappare le procedure aziendali, evidenziando i punti critici.

Insomma, non sono solo bollini da esibire: se gestite correttamente, possono davvero essere un volano per la crescita di un progetto sostenibile.

Non è tutto oro quel che è certificato

Ovviamente, non mancano le criticità. Tra quelle emerse nel corso del dibattito si annoverano:

  • Costi elevati, soprattutto per le piccole realtà.
  • Processi complessi, con scadenze tassative, audit, report da compilare.
  • Frammentazione: tante certificazioni che spesso si sovrappongono, ognuna con criteri e focus diversi.
  • Mancanza di chiarezza per il consumatore: quanti sanno davvero cosa vuol dire GOTS o OEKO-TEX?

Un’ultima, importante criticità emersa riguarda il rischio di greenwashing. Alcuni brand, infatti, ricorrono alle certificazioni in modo strategico, utilizzandole per costruire un’immagine “verde” che non corrisponde alla reale portata del loro impegno. Spesso viene certificata solo una piccola parte della produzione, mentre il resto delle attività resta opaco e privo di trasparenza. In questi casi, più che indicatori concreti di sostenibilità sistemica, le certificazioni finiscono per diventare strumenti di marketing, svuotati del loro significato originario. 

Volontarie o obbligatorie?

Una distinzione importante riguarda la natura volontaria o obbligatoria delle certificazioni. Nel settore moda, quasi tutte sono volontarie: non sei obbligatə a certificarti, ma puoi farlo per dimostrare la tua affidabilità.

In alcuni casi, invece, certificazioni o conformità sono obbligatorie per legge (ad esempio, quando si lavora con sostanze chimiche pericolose o si esporta in determinati mercati). Tuttavia, la gran parte delle certificazioni che troviamo sulle etichette dei capi è frutto di scelte autonome da parte dei brand.

Certificazioni di sistema o di processo

Abbiamo poi esaminato alcune certificazioni che non riguardano il singolo prodotto, ma l’organizzazione nel suo complesso:

Queste certificazioni richiedono un impegno interno forte, ma restituiscono valore in termini di reputazione e governance.

Certificazioni di prodotto

Più note al grande pubblico, le certificazioni di prodotto attestano che un determinato capo o materiale risponde a criteri precisi. Nel modulo abbiamo analizzato:

Global Recycle Standard – ICEA Certifica

Tutte utilissime, ma... attenzione: nessuna è perfetta o risolutiva da sola. L'importante è capire quale certificazione è più coerente con i propri valori e con il proprio modello di business.

Più consapevolezza, meno greenwashing

Il messaggio principale emerso da questo incontro è chiaro: le certificazioni non rappresentano un traguardo finale, ma uno strumento – tra i tanti – per costruire credibilità e trasparenza. Non possiamo affidarci a un logo per comprendere l’impatto reale di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita. Tuttavia, le certificazioni fanno parte di una visione più ampia e sistemica del cambiamento, in cui ogni attore della filiera è chiamato a fare la propria parte con responsabilità e consapevolezza.

Solo se accompagnate da scelte coerenti, dati misurabili e una comunicazione onesta, possono contribuire a costruire un settore moda realmente responsabile.